Che ne sarà di Tetsuya Naito. La cronaca di un fallimento
“Qualche volta il destino assomiglia a una tempesta di sabbia che muta incessantemente la direzione del percorso. Per evitarlo cambi l’andatura. E il vento cambia andatura, per seguirti meglio. Tu allora cambi di nuovo, e subito di nuovo il vento cambia per adattarsi al tuo passo. Questo si ripete infinite volte, come una danza sinistra con il dio della morte prima dell’alba. Perché quel vento non è qualcosa che è arrivato da lontano, indipendente da te. È qualcosa che hai dentro. Quel vento sei tu. Perciò l’unica cosa che puoi fare è entrarci, in quel vento, camminando dritto, e chiudendo forte gli occhi per non far entrare la sabbia.”
(Haruki Murakami)
Aprire una riflessione sul percorso di Tetsuya Naito in New Japan Pro Wrestling con le parole di Haruki Murakami è probabilmente la cosa meno “Tetsuya Naito” del mondo. Ciononostante mi perdonerete, se nelle parole del noto scrittore di Kyoto riscontro tanto del vissuto del leader dei Los Ingobernables de Japon, una delle formazioni più popolari nel Sol Levante, per i meno avvezzi. Sì, perché al di là del mero nome della mossa finale di Naito, il Destino (e la relatività intrinseca a questo concetto) è senza dubbio alcuno il protagonista della carriera di un wrestler così particolare. Un lottatore, anzi un uomo, sui cui grava una profezia che oggi assume mai come prima le sembianze di una condanna: il successo assoluto.
Sia chiaro che quando discutiamo di Tetsuya Naito non stiamo parlando di un perdente. Il palmares del lottatore di Adachi, Tokyo, è fra i più prestigiosi dell’intera scena nipponica. Già, perché se consideriamo i cinque titoli intercontinentali, le due vittorie nel G1 Climax (uno dei tornei più iconici del mondo) e chiaramente i trionfi che lo hanno portato in due occasioni a vestirsi dell’IWGP Heavyweight Championship, comprendiamo immediatamente lo status che colloca Naito sulle vette del “Monte Puroresu”. Eppure non basta. Titoli e riconoscimenti non sono sufficienti nel momento in cui viene a mancare ciò che veramente è la consacrazione di un professional wrestler; un regno leggendario da campione mondiale.
Insomma, se volessimo utilizzare una metafora nostrana, potremmo affermare che a Tetsuya Naito “manca sempre quel centesimo per arrivare all’euro”.
A corollario di quanto descritto fino ad ora, ossia il destino fallimentare di Naito, troviamo la tematica del “male”. Un male che come vedremo ha diverse fonti – può essere collettivo, piuttosto che auto inflitto od ancora provenire dall’esterno– ma che è sempre dietro l’angolo. Se dovessimo individuare l’archetipo di queste cadute ripetute, dovremmo fare un salto temporale agli inizi della carriera del “nostro” in NJPW.
In questa fase, dopo aver concluso il periodo da Young Lion, Tetsuya Naito non è semplicemente un prospetto molto buono, è lo “Stardust Genius”. Un wrestler su cui la compagnia punta, con l’obiettivo di proseguire la rivoluzione che nessuno incarna meglio dell’Asso, colui che volgarmente potremmo definire il John Cena giapponese: Hiroshi Tanahashi.
E proprio Tanahashi svolge un ruolo fondamentale in questa prima fase.
Difatti, nonostante la prima vittoria nel G1 Climax (arrivata grazie alla Stardust Press risolutrice), un’occasione che dovrebbe lanciarti nella stratosfera del main event, il buon Tetsuya avrebbe vissuto da lì a poco momenti davvero difficili. Il primo di questi ha un mandante più che esplicito. Il pubblico.
Potrebbe sembrare strano ai tanti che hanno approcciato la NJPW di recente, ma durante i giorni da genio delle stelle, il feeling fra Naito ed i tifosi faticava a formarsi. Una fatica che oserei definire tremenda, tanto che alle porte dell’ottava edizione di Wrestle Kingdom tramite una votazione popolare viene sancito un verdetto storico. Contro la prassi, non venne difeso l’IWGP Heavyweight Championship nel Main Event dello show bensì il il titolo Intercontinental. Senza troppo giri di parole i fan preferiscono premiare l’ennesimo capitolo della storia fra l’Asso citato in precedenza ed un’altra leggenda della compagnia, Shinsuke Nakamura. Questa volta la finisher di Naito non va a segno e la sconfitta patita per mano di Kazuchika Okada è la logica conseguenza. D’altronde come poteva essere il campione se l’opinione pubblica non lo riconosceva fra i papabili volti della federazione?
La ferita inflitta nell’animo di Tetsuya Naito è profonda. Lascia la sua terra natia, lascia la New Japan, il luogo in cui nonostante tutto non riesce ancora a realizzarsi a livello umano e professionale. L’esperienza in Messico però cambia tutto. O almeno così è all’apparenza.
Una volta terminato l’Erasmus nel paese della Lucha Libre, Naito torna all’ovile ma con un’attitudine tutta nuova. Difatti dopo esser stato un componente dei Los Ingobernables in CMLL, stable guidata da La Sombra (ora conosciuto come Andrade), fonda la formazione dei Los Ingobernables de Japon.
Essere “tranquilo” diventa un mantra.
Naito non può più permettersi di farsi condizionare dalle condizioni esterne; deve sfruttare ogni occasione per volgere il momento dalla sua parte.
Riesce a portarsi a casa la New Japan Cup del 2016 e successivamente, con l’aiuto dei suoi commilitoni, sconfigge Okada per la cintura dei pesi massimi IWGP. Il Rainmaker tuttavia prevale nella rivincita ma non si limita a ciò. A tal proposito, dopo la cavalcata nel G1 27, culminata nella meravigliosa finale contro Kenny Omega, Tetsuya si ritrova per l’ennesima volta a fronteggiare Kazuchika Okada. Questa volta nel palcoscenico più importante di tutti: il main event di Wrestle Kingdom 12.
Sebbene la maggior parte degli esperti ritenesse il classe ’82 favorito, a trionfare è una volta di più l’assistito di Gedo. Nella circostanza in questione però non vi è un caprio espiatorio come 4 anni prima. La gente è dalla sua parte, ma proprio sul più bello, commette un errore che si rivela fatale nel tentativo di eseguire la sua vecchia mossa finale, la Stardust Press. Pur avendo sviluppato una peculiare indole da calcolatore, Naito resta un essere umano. E come tale non è esente dall’errare. Il giorno dopo viene attaccato da Chris Jericho ed in seguito ad una bruciante sconfitta comincia la propria personale redenzione.
Il punto più alto della carriera del capo dei Los Ingobernables de Japon arriva sicuramente nella due giorni di WK14. In quel del Tokyo Dome, Naito getta il cuore oltre l’ostacolo ed il 5 gennaio 2020 finalmente sconfigge Okada, dopo che il giorno prima aveva battuto il leader del Bullet club, Jay White.
Nell’esatto istante in cui lo sconfitto Kazuchika Okada alza il pugno al cielo in segno di rispetto, assistiamo alla più alta affermazione di Naito come professional wrestler. Perché in questa circostanza comprende l’appuntamento con la storia, la forza dell’ispirazione lo guida nell’impresa più importante della NJPW contemporanea. Il momento è di quelli magici ma sfortunatamente l’oscurità è sempre dietro l’angolo.
Lo sconforto si palesa con immediatezza quando KENTA lo attacca nel post main event, rovinandogli i festeggiamenti ma soprattutto rubandogli le luci della ribalta.
Arriviamo dunque al nocciolo della questione.
Dopo aver prevalso su KENTA, lo stop forzato a causa della pandemia dovuta al COVID-19 induce la compagnia a fare delle riflessioni. Difatti, la federazione di puroresu più conosciuta nel panorama riapre i battenti con l’annuale edizione della New Japan Cup. A vincere il trofeo che consente di diventare il primo sfidante non è un lottatore qualsiasi, bensì l’amico e compagno di stable EVIL.
In uno dei colpi di scena meno pronosticabili (ma fra i più coerenti) degli ultimi tempi, l’ex tag team partner di Seiya SANADA tradisce Naito, passando ufficialmente dai Los Ingobernables de Japon al Bullet Club.
La notte dopo, durante l’ultimo incontro di Dominion succede l’imponderabile. Naito non riesce a resistere ai numerosi interventi esterni del BC, ed incredibilmente poggia le spalle sul tappeto per il conto di 3 che consente ad EVIL di vincere la doppia cintura.
Adesso che Tetsuya Naito non è più IWGP Heavyweight ed Intercontinental Champion occorre esprimere determinate considerazioni. La prima è sicuramente la meno romantica e riguarda il pensiero della New Japan nei confronti di questo atleta.
Nonostante sia fra i nomi che ha tirato avanti la carretta per un decennio buono, quello di Naito non sarà mai il nome di punta. Si tratta di un wrestler di assoluto livello ma che oltre gli exploit (che per definizione sono occasionali) non può andare. Il secondo pensiero fa capo ad una pronosticabile evoluzione della personalità che verrà mostrata in ring.
Proseguirà nel “Tranquilo Mood”? Se così non fosse, che ne sarebbe degli ingovernabili? A mio avviso uno scossone è necessario, ma non per forza in questa direzione. A quasi 40 anni immagino che Naito abbia imparato a conoscersi; di conseguenza potrebbe implicitamente accettare la natura fallimentare della sua figura, senza rincorrere l’ennesima estrema redenzione. Anzi, una chiave di lettura (fra le tante che si sono aperte in questo contesto), potrebbe veder diventare Tetsuya Naito ancora di più “hombre del pueblo”. Una sorta di mitizzazione del fallimento che affonda le proprie radici nella vita reale. D’altronde, esiste qualcuno che nella quotidianità non ha a che fare con l’insuccesso? I fan potrebbero riconoscersi in lui come con nessun altro. E forse, questo sarebbe il riconoscimento più importante.
Oggigiorno a Tetsuya Naito manca un regno che ne legittimi lo status, innegabile, ma è altrettanto veritiero che stiamo discutendo di uno degli interpreti più significativi di questa disciplina.
Come cantava Tiziana Rivale, sarà quel che sarà.