Drew McIntyre è senza ombra di dubbio uno degli atleti maggiormente in luce in questo 2020 in casa WWE, ma col potenziale rischio della perdita del titolo, mai come questa volta in pericolo, ci si domanda cosa abbia rappresentato il suo regno fino ad ora.
Era la night 2 di WrestleMania 36 quando lo scozzese coronava finalmente il suo sogno, e il suo destino, diventando campione WWE dopo aver annichilito sua maestà Brock Lesnar in appena 5 minuti. Una scalata repentina e improvvisa, con l’approvazione di una grande fetta di pubblico.
Dopo quasi 5 mesi da quella incredibile vittoria lo Scottish Psychopath è arrivato al famoso giro di boa rappresentato dalla difesa del titolo a SummerSlam. Il rischio di sconfitta è come non mai alto, ma questo ci permette di poter tirare le somme andando a delineare i pro e i contro di questo suo primo, e fino ad ora unico, regno da campione WWE.
Due facce della stessa medaglia, quella brutta.
Ogni medaglia ha due facce e direi purtroppo di partire da quello che non sta funzionando troppo nella figura di Drew; ma prima di parlare del McIntyre campione dobbiamo fare un discorso più ampio parlando del McIntyre main eventer.
Prima di arrivare ad essere il WWE Champion, lo scozzese andava costruito meglio come main eventer, un climax eccessivamente repentino e non graduale è un bene solo per il fattore sorpresa. A onor del vero, nelle settimane precedenti la vittoria del Royal Rumble Match il sentore che l’ex IMPACT fosse destinato a qualcosa di grande era decisamente nell’aria. Ma la programmazione inesistente sul suo personaggio e sul suo status hanno generato diversi dubbi sul possibile “Drew McIntyre campione WWE”.
Le settimane seguenti, complice purtroppo anche la grave situazione sanitaria che ha impedito alla federazione di proporre show in un canovaccio classico, la proposta di un Drew possibile campione non è migliorata. Troppo poco per essere uno sfidante credibile, e la vittoria dominante ai danni dell’atleta indominabile per eccellenza, rompe questa incredulità a cui siamo abituati e sui cui si basa il Pro-Wrestling.
Le fondamenta non erano buone, ma con un appoggio, purtroppo solo virtuale, sempre presente del pubblico lo scozzese è andato avanti.
Un campione è un grande campione anche grazie a grandi sfidanti, e la scelta di Seth Rollins come primo vero sfidante va in quel senso. Nonostante un periodo ben poco brillante a livello di vittorie in PPV, il Messiah rappresentava l’avversario temibile e non facile da sconfiggere che avrebbe elevato il suo status.
Obiettivo centrato ma il proseguo è da mani nei capelli. Bobby Lashley è uno sfidante senza un particolare status, in una faida in cui Drew McIntyre è stato maggiormente preoccupato a discutere con MVP. Si poteva lavorare meglio su Bobby nei mesi precedenti, per renderlo uno sfidante credibile e invece non solo l’All Mighty non ha fatto nulla per meritare la chance ma non è stato neanche costruito per spaventare davvero lo scozzese.
Lavoro pessimo che danneggia il campione, oltre che lo sfidante, perché fa perdere interesse verso il suo incontro, scontato e evitabile. Lavoro ancor peggiore in questo senso con Ziggler in cui, oltre a ribadire con ancora più forza il discorso fatto su Lashley e sul meritare la chance titolata, si è sviluppato ancor di più un altro dei grandi problemi del Drew main eventer: il suo essere inscalfibile.
Lo scozzese è allo stato attuale pressoché quasi impossibile da buttar giù. Costruito come una macchina perfetta è passato dal perder spesso al non perder mai. Un assoluto dominio che lo rendono un superuomo inscalfibile, una roccia impossibile da mandar in frantumi, una sorta di Brock Lesnar full time; ancora una volta la linea sottile dell’incredulità è stata sorpassata, il fan di wrestling può tollerare fino a una certa una determinata proposta se non è retta dalla programmazione.
Una costruzione approssimativa e non calcolata, avversari poco credibili e un canovaccio irrealistico fanno discutere. Il binomio campione-main eventer, che sembra un connubio scontato, in realtà è tutt’altro che assodato nella mitologia della federazione di Stamford. Il rischio che Drew McIntyre al termine del suo regno, come già successo ad altri prima di lui, non resti nella zona altissima della card è possibile, e sarebbe un delitto imperdonabile per la WWE, l’ennesima occasione sprecata di fare un passo oltre i soliti nomi o i part-timer.
La faccia bella
Ma tutte le medaglie hanno due facce e anche per Drew, al di la di ogni considerazione negativa, ci sono aspetti da salvare.
Prima parlavamo degli avversari probabilmente inadatti, ma con ognuno di loro Drew è riuscito a costruire sul ring un qualcosa di dignitoso da vedere. Match estremamente positivo, tra i migliori dell’anno WWE, con Seth Rollins, ma non sono da buttare neanche la fisica sfida con Bobby Lashley e la tosta battaglia con Dolph Ziggler e la sua particolare stipulazione.
Una qualità media di lottato, in questo regno, più che positiva per quelli che sono gli standard WWE, da sempre non così preoccupata in maniera primaria a proporre incontri memorabili. Questa è la conferma che Drew McIntyre è un buonissimo atleta, ma è ancorato a dei paletti che non dipendono troppo da lui.
Lo scozzese ha il merito di esser stato il campione di un periodo difficile come questo, senza pubblico li a sostenerlo, che però gli ha sempre manifestato il suo supporto. I fan WWE avevano davvero voglia di vedere Drew in cima alla montagna ma purtroppo non hanno potuto affrontare questo percorso direttamente con lui.
McIntyre ha avuto il merito di aver ridato a RAW un campione presente, di averci provato con tutte le sue forze ad essere interessante, ma tirar fuori i diamanti da un campo di patate è ovviamente impossibile.
The last dance
Sarà davvero l’ultimo ballo come WWE Champion per Drew McIntyre? L’avversario è il primo del suo regno per background storico e status recente ad esser come non mai credibile. E con esso il rischio della perdita del titolo aumenta notevolmente. Nel Main Event di SummerSlam si capiranno molte cose e su tutte se la WWE sta davvero puntando sullo scozzese, credendo nel suo lavoro e nel suo impegno, o complici gli ascolti bassi decida di smettere di costruirsi un futuro per continuare a vivere alla giornata consegnando per la decima volta in carriera il WWE Championship a Randy Orton, facendo di lui un 14 volte campione mondiale.
Nonostante ogni possibile pregiudizio o gusto personale questo resta il più giusto Main Event di SummerSlam che la federazione potesse offrirci, tra i due atleti più dominanti di questo 2020.
Sarà l’ultimo ballo di Drew McIntyre? Tra pochi giorni sapremo la risposta.