Dall’inizio dell’anno l’atleta che ha maggiormente scalato le gerarchie in casa WWE è senza ombra di dubbio Drew McIntyre grazie alla sua incredibile vittoria nel 30-men Royal Rumble match
Un’ascesa dirompente ed impetuosa quella di Drew McIntyre, che lo condurrà sino a Wrestlemania 36 dove affronterà il campione WWE Brock Lesnar.
Ma la domanda che molti si pongono è se Drew sia davvero pronto per un match così importante, se abbia davvero uno status così credibile per mettersi a confronto con il performer più dominante degli ultimi 10 anni in WWE.
Prima di analizzare ciò è doveroso ripercorrere brevemente la carriera di Andrew Mclean Gallow IV, in arte Drew McIntyre, una carriera piena di alti bassi ma caratterizzata sempre da una grande e intramontabile tenacia.
Drew, dopo aver mosso i primi passi nel Regno Unito, dove spicca in particolare la vittoria del ICW Haevyweight championship (di cui fu anche il campione inaugurale), nel 2007 approdò negli Stati Uniti dopo aver firmato un contratto con la World Wrestling Entertaiment.
L’esordio a SmackDown nello stesso anno non fu dei più fortunati e rapidamente lo scozzese venne assegnato al territorio di sviluppo della Florida Championship Wrestling per affinare le sue abilità.
Dopo un biennio Drew ritornò, sempre nel roster blu, come heel, e dopo poche settimane venne addirittura inserito in una delle storyline di maggior risalto dell’epoca.
Venne presentato dal chairman in persona Vince McMahon come il “prescelto”, colui che sarà il futuro della federazione.
Passati i primi feud con R-Truth e Finlay, Drew il 13 dicembre 2009, nel PPV Tables, Ladders and Chairs, ottenne il suo primo titolo in WWE sconfiggendo John Morrison conquistando così il titolo intercontinentale.
Il suo regno da campione non fu assolutamente indimenticabile, e dopo varie difese terminò per mano di Kofi Kingston il 23 maggio 2010 in quel di Over the Limit.
Una parabola discendente assalì lo scozzese, prima una serie di sconfitte e poi la sfortunata alleanza con Heat Slater e Jinder Mahal lo portarono ad un graduale declassamento che culminò con il rilascio nel giugno del 2014.
Per molti atleti la carriera a grandi livelli sarebbe finita quì, un colpo di grazia da cui difficilmente ci si potrebbe riprendere, ma la carriera di Drew, come detto, è caratterizzata dalla tenacia
Drew, che tornò a farsi chiamare Drew Galloway, effettuò la sua prima apparizione post WWE il 24 luglio 2014 di ritorno nella Insane Championship Wrestling dove conquistò nel giro di qualche mese, per la seconda volta in carriera, l’ICW Haevyweight championship. Lo scozzese iniziò quindi, a cavallo con l’anno successivo, a difendere il suo titolo: tra le sue difese di maggior prestigio spiccano le vittorie contro Matt Hardy, Joe Coffey, Aleister Black, Killian Dain e Rhino. Dopo ben 378 giorni di regno perse il titolo contro Grado nel novembre 2015.
Contemporaneamente Drew nell’agosto del 2014 debuttò anche nella Evolve vincendo nel suo match d’esordio l‘Evolve championship contro Chris Hero (ai più noto come Kassius Ohno).
Anche qui proseguì la politica di difesa del titolo respingendo l’assalto di vari atleti tra cui Ricochet, Stevie Richards, Rich Swann, Roderick Strong e Johnny Gargano, al quale strappò anche il DGUSA Open The Freedom Gate championship in un “champion vs champion” match nel marzo del 2015.
Drew, in qualità di double champion, iniziò così una serie di difese che venne stroncata nel luglio dello stesso anno per mano di Timothy Thatcher.
L’esperienza extra WWE di maggior risalto mediatico per Drew resta però quella in TNA: nel febbraio del 2015 Galloway fece il suo debutto nella Total Nonstop Action in un episodio dello show settimanale, Impact!
Dopo una serie di faide iniziali e qualche assalto al titolo massimo fallito, lo scozzese vinse la valigetta del Feast of Fired che incassò nel marzo del 2016 ai danni di Matt Hardy in una puntata di Impact! laureandosi per la prima volta TNA World Haevyweight champion.
Dopo 89 giorni di regno perse il titolo contro Bobby Lashley in quel di Slammiversary.
Dopo una serie di faide finali, Drew definì il suo rapporto con la TNA concluso nel febbraio del 2017.
Drew era sicuramente riuscito a ristabilire il suo onore come lottatore e a rinnovare il suo status ma restava ancora una rivincita da prendersi, quella con la WWE
La chiamata non tardò ad arrivare e dopo tre anni Drew tornò a calcare un ring WWE, nel sempre più fiorente gioiello di Triple H, NXT.
La sua parentesi nel brand giallo-nero non fu lunga ma sicuramente piena di successi tanto che nel giro di pochi mesi conquistò l’NXT championship battendo Bobby Roode nel main event di NXT TakeOver: Brooklyn III; il suo regno durò 91 giorni e terminò per mano di Andrade ad NXT TakeOver: WarGames, match dal quale riportò sfortunatamente un problema al gomito che lo tenne fuori per infortunio 5 mesi.
Con lo shake up del 2018 tornò nuovamente nel main roster, dove fu assegnato al roster di RAW nel quale formò un’alleanza con Dolph Ziggler che portò i due ad un regno titolato di coppia nel corso dell’anno.
Il 2019 dopo una prima fase caratterizzata dalla sua vicinanza a Shane McMahon lo vide maggiormente brillare nel finale dell’anno.
Drew tra dicembre e inizio gennaio incominciò ad ottenere una serie di vittorie tra cui quella contro AJ Styles e Randy Orton in un Triple Threat match a RAW.
Tale striscia di vittorie fu arricchita da un lento e progressivo cambio di attitude dello scozzese, McIntyre iniziò infatti a interagire maggiormente col pubblico, come ad esempio nel countdown che precedeva il “Claymor Kick”, e la risposta del WWE universe fu assolutamente convincente.
Con uno status leggermente rialzato dall’ultimo periodo Drew partecipò al Royal Rumble match, entrando col numero 16 e realizzò due grandi imprese nella stessa sera: eliminare il nemico pubblico numero uno “The Beast” Brock Lesnar e vincere poi l’incontro.
Ciò che ad oggi colpisce maggiormente è la lucidità di scelte compiute dal team creativo sulla figura di Drew McIntyre, la storia che la federazione sta proponendo si distacca totalmente dal classico canovaccio imposto contro Lesnar, il perenne clichè dell’underdog che deve tentare l’impresa o peggio ancora del salvatore che deve restituire il titolo full time a RAW.
Quì non c’è alcun mismatch, non c’è alcuna differenza di valori fisici.
Lo scozzese non solo riesce a reggere l’urto di Brock, ma addirittura lo affossa con tre “Claymore” consecutive in un adrenalinico segmento, la prova di quanto questa storia proceda su una linea semplice e chiara ma narrativamente assolutamente interessante.
Una rivincita personale per dimostrare di essere davvero il “choosen one”, tra alti bassi senza mai mollare l’obiettivo con un occhio dritto verso WrestleMania e il titolo WWE.

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