Il titolo intercontinentale è storicamente uno dei titoli più prestigiosi in WWE, ma negli ultimi anni non sempre ha ricevuto il trattamento che avrebbe invece meritato
Dopo l’ottima metà del 2018, quando il titolo era nelle mani di Seth Rollins, il valore della cintura non sembra essersi ancora ripreso, complici alcune gestioni aberranti.
Ripercorriamo insieme gli ultimi regni, da Wrestlemania 35 a Wrestlemania 36, in cui i campioni che si sono alternati non sono riusciti a ridare lustro al titolo, non sempre ovviamente per colpa loro.
Finn Balor
La carriera di Finn Balor in WWE è perfettamente divisibile in due, il pre e il post infortunio.
Il Finn, che fino ad allora rappresentava il più longevo campione NXT di sempre, il primo e inaugurale campione Universale, non si era più riuscito a rivedere dal ritorno del suo drammatico infortunio al gomito, e la sua vittoria definitiva su Bobby Lashley, dopo l’alternanza con lo stesso “All Mighty”, sembravano rappresentare un nuovo punto zero da cui ripartire, sia per la sua carriera che per il titolo stesso.
Speranza che in breve si trasformò in illusione, e non sarà l’unica volta in questo viaggio.
Finn difende il titolo contro Zayn nel Raw post-Wrestlemania e successivamente nel triste sfondo arabo di Super Showdown contro Andrade, un match che non è riuscito a rispettare le grandi aspettative della vigilia.
Dopo alcuni incontri televisivi persi, dopo 98 giorni di regno abdica in favore di Shinsuke Nakamura nel preshow di Extreme Rules, triste fine di un regno mediocre, condito da alcuni guai fisici, che forse avrebbe meritato spazio almeno nella main card, visto il livello da Wrestle Kingdom dei due performer.
Shinsuke Nakamura
Altro giro, altra corsa, altro insulto alla cultura nipponica del puroresu.
Ancora una volta un grido di speranza per chi, come me, spera ancora nel risollevarsi della carriera della Rockstar. Una carriera in WWE condita da bassi, che sono veramente bassi, e alti, che non sono mai sempre così alti. Perché se risultano essere degli alti i due titoli NXT, sono sicuramente dei bassi le sconfitte con Jinder Mahal nell’estate del 2017.
È sicuramente fondamentale la sua vittoria della Royal Rumble nel gennaio del 2018, ma purtroppo resta fine a se stessa senza il raggiungimento del titolo, che rimase saldo alla vita del “Phenomenal One” nella 34a edizione di Wrestlemania.
Da lì la discesa nel mid-carding, con la conquista di due titoli USA e per l’appunto del titolo intercontinentale.
C’è una sola parola per definire questo regno: noioso. Forse gli unici momenti degni di nota risultano essere il suo triple threat match di Survivor Series contro Roderick Strong e AJ Styles, ma soprattutto il cambio di design del titolo.
Troppo poco, in un regno che lo ha visto sovrapporsi, seppur per pochissimo, al campione assente Brock Lesnar, e al campione assente-presente Bray Wyatt.
Così come Rollins fece nel 2018, il “King of Strong Style” avrebbe potuto approfittare dall’assenza di lottato dei campioni massimi negli show settimanali, per diventare una delle maggiori attrazioni dello show blu, se non l’attrazione numero uno; occasione ovviamente non colta dal team creativo di Smackdown.
Dopo 201 interminabili giorni di regno, l’ex IWGP Haevyweight champion cede il passo a Braun Strowman.
Braun Strowman
Ancora una volta ci ritroviamo a sperare in un cambio di marcia della cintura, nella felicità del primo e meritato titolo singolo del “Monster Among Men”, nonostante la sua vittoria fosse arrivata in un match non proprio indimenticabile nella puntata di Super Smackdown, che di “super” ha avuto ben poco.
Ma il regno di Braun è quanto di più impensabile potesse succedere; cede il titolo, dopo appena 37 giorni di regno, alla prima difesa, un 3 on 1 handicap match, una delle stipulazioni più inconcepibili per un match titolato.
Il destino, vista la condivisibile scelta di Roman Reigns di rinunciare al suo clash con Goldberg, lo ha visto vincitore del titolo universale, da sempre inseguito, allo “Showcase of the immortals”, non certo nel modo sperato, ma quantomeno ha avuto modo di inserirlo nel palmares.
Sami Zayn
Considerazioni analoghe a Braun, nonostante la felicità di vedere il fu El Generico campione in WWE, sicuramente la modalità del suo successo resta discutibile per vari motivi.
Sami, per motivi ancora non chiari, non sembra ancora tornato ad essere un lottatore al 100% e lo dimostrano il suo scarsissimo impiego nonché l’imbarazzante scrittura del suo match con Daniel Bryan, coerente sicuramente con lo sviluppo del suo personaggio, ma che sicuramente ha lasciato l’amaro in bocca per chi riteneva potesse risultare il match migliore delle due serate.
Un regno per ora ancora non convincente visti questi motivi.
Occasione sprecata?
Alla luce di questi brutti regni di campione la mia analisi si sposta su un piano diverso, quello purtroppo ipotetico. La WWE, visto l’ottimo roster a disposizione, si ritrova con diversi atleti capaci che, se gli fosse concesso il giusto spazio, possono davvero esprimere al meglio le proprie capacità.
Vista la scelta dunque per il titolo massimo, almeno per il roster blu, di puntare su personaggi non sempre presenti, e sicuramente assenti dal ring se non per la difesa, il campione intercontinentale, così come Seth Rollins fece nel 2018, poteva davvero diventare la forza trainante di Smackdown. Al contrario è risultato quasi un peso non portando benefici praticamente a nessuno.
Inoltre visto il livello degli atleti coinvolti, ma anche dei rispettivi sfidanti, potevano davvero, col giusto minutaggio, diventare spot di grande wrestling, di cui avrebbero beneficiato tutti, vincitori e sconfitti. Match che in eventi mediocri sarebbero sicuramente risultati delle perle.
Ma la realtà, purtroppo per noi fan, è un’altra. La direzione che questo prestigioso alloro ha preso è ben distante e a noi amanti non resta che continuare a sperare in un cambio di rotta decisivo.