Dopo il successo di Smackdown a Bologna, in tanti chiedono un PLE WWE in Italia. Ma è davvero ciò che serve al movimento del wrestling italiano per crescere?
La domanda è legittima, e tutte le risposte sono potenzialmente valide. Tra i promo di Cody Rhodes che strizzano l’occhio a chi vorrebbe l’Italia sempre più presente nel calendario annuale dei PLE WWE e chi invece si lamenta dei prezzi dei biglietti, analizziamo le ragioni del “sì” e quelle del “no” per poi provare a trovare una conclusione.
PLE WWE in Italia: perché sperarci
Le ragioni del “sì” sono davvero le più facili da elencare: avere un PLE WWE in Italia significherebbe una grande considerazione da parte della federazione di TKO nei confronti del nostro Paese con tutto ciò che ne consegue: media mainstream pronti a dare visibilità al nostro sport-spettacolo preferito (ancora più di quanto fatto con lo Smackdown di Bologna) e la possibilità per un evento svolto nella Penisola di passare alla storia molto più facilmente di una puntata settimanale.
A noi fan, più nello specifico, un PLE WWE in Italia darebbe la possibilità di vedere uno show centrale per gli snodi delle storyline made in Stamford a pochi passi da casa, assistendo dal vivo a match dal minutaggio più lungo ed in cui gli atleti coinvolti darebbero il massimo, sostenuti anche dal nostro tifo che dopo Bologna è ancor più marchio di fabbrica del movimento del wrestling italiano.
E allora, se ospitare un PLE WWE in Italia porta tutti questi vantaggi, perché sostenere che quest’ultimo potrebbe non servirci, o quantomeno non in questo momento, dopo il successo di uno spettacolo televisivo come Smackdown di cui si attendeva il ritorno dal 2007?
Perché chi frena su un PLE WWE in Italia potrebbe non avere torto
Può sembrare paradossale, ma per assicurarci di avere una presenza costante della WWE nel nostro Paese potrebbe essere meglio non desiderare un PLE WWE in Italia a stretto giro.
Un primo dato che va in questa direzione sono le lamentele (tante e non ascrivibili ad un semplice chiacchiericcio da social network) per i prezzi dei biglietti dello Smackdown di Bologna del marzo scorso: in quell’occasione, la WWE (ma sarebbe meglio dire il promoter locale che vi ha collaborato) ha scelto di fissare dei prezzi indubbiamente alti se confrontati con uno stipendio medio in Italia, decisamente proibitivi per una famiglia (a cui spesso la multinazionale numero 1 del wrestling ha detto di rivolgere il proprio prodotto).
Una scelta tuttavia non casuale o frutto di un errore: chi ha organizzato ha evidentemente ritenuto che potesse essere più remunerativo vendere leggermente meno biglietti (non si è raggiunto il sold out, ma anche dalle immagini televisive era evidente come l’Unipol Arena fosse sostanzialmente piena) in favore di un incasso maggiore per singolo biglietto. Bene, immaginate che cosa potrebbe succedere se invece di un semplice show televisivo in Italia avessimo un PLE WWE, capace di attirare fan da tutta Europa (spesso con stipendi medi più alti dei nostri) pronti a fare concorrenza ai fan italiani per accaparrarsi i “pochi” ticket disponibili.
Per questo (e per altre ragioni secondarie, come le difficoltà linguistiche che ancora si riscontrano nel pubblico italiano con l’inglese, anche se decisamente attenuate rispetto a qualche anno fa) c’è chi ipotizza che al movimento nostrano del wrestling, più che un PLE WWE in Italia (o una puntata televisiva come lo Smackdown di Bologna), farebbe bene tornare ad avere con regolarità dei Live Event, non ripresi dalle telecamere e dunque non “canon” nella narrativa WWE, magari con una frequenza però maggiore che possa mettere di fronte al pubblico tricolore le star della federazione a costi decisamente più contenuti.
Seppur tutte le ragioni, quelle del sì e quelle del no, sono valide e degne di essere tenute in considerazione (al netto del fatto che a decidere è e sarà sempre WWE, un’azienda che com’è normale che sia vede al profitto come sua unica stella polare), è una terza prospettiva quella che più mi convince quando si parla del tipo di eventi che più gioverebbero al movimento del wrestling in Italia.
Oltre i PLE WWE: di cosa ha bisogno veramente il wrestling in Italia
Se è vero che la storia è maestra di vita, per risolvere l’arcano non possiamo far altro che andare a vedere come andarono le cose durante il precedente “boom” del wrestling in Italia: in un’epoca in cui la WWE era ancora ben lontana dall’intraprendere la sua espansione globale odierna (spinta molto dalla nuova proprietà), la federazione arrivò in Italia nell’ambito di diversi tour europei nella seconda metà degli anni 2000, fino a proporre le puntate di Raw, Smackdown e ECW registrate direttamente da Milano.
Il successo del wrestling nel nostro Paese in quegli anni, capace di portare a pioggia conseguenze positive anche al wrestling nostrano (con le promotion italiane che registrarono i loro numeri più alti di sempre in termini di pubblico), finì ben presto quando Mediaset decise di staccare la spina ai programmi WWE in chiaro: lentamente vennero meno merchandising, tour e di conseguenza anche popolarità della disciplina a 360 gradi.
Una circostanza storica che dimostra come il “boom”, in quanto tale, abbia rappresentato un picco nella popolarità del wrestling a cui però non è seguita una stabilizzazione della passione per questo sport-spettacolo nel pubblico italiano, ma al contrario un crollo da cui con molta fatica negli ultimi anni le federazioni tricolori si sono rialzate.
Per intenderci, è difficile dire quanto sia stato un “bene”, per il wrestling in Italia, avere un momento in cui anche le nonne vanno in posta con la cartellina di Batista per poi avere un decennio di buio totale o quasi in cui a ricordarsi della WWE sono solo gli ex bambini di quel periodo, che magari una volta cresciuti sono anche capaci di deridere la disciplina ogni volta che un ricordo di Smackdown su Italia 1 viene loro portato alla mente.
In questo senso, più che arrivare ad avere un PLE WWE in Italia sarebbe più utile un consolidamento della passione per il wrestling in Italia che passasse anche da canali extra WWE, come le altre realtà internazionali più famose fino ad arrivare alle promotion italiane. È infatti solo l’aumentare dei fan più “educati” al wrestling che può portare ad una stabilità dell’interesse verso la disciplina nel nostro Paese e, dunque, ad evitare che finito il “nuovo boom” ci sia di nuovo un altro calo di interesse improvviso.
Ad essere una lampante dimostrazione di questa tesi sono gli altri paesi europei in cui è presente una cultura del wrestling sopravvissuta ai momentanei picchi di popolarità transatlantica della WWE: senza scomodare l’Inghilterra, che in fatto di wrestling ha una tradizione tutta sua, l’esempio principale viene dalla Germania, dove il grande successo di federazioni locali come la wXw (ma non solo) è continuato indipendentemente dal momento di eccezionale attenzione verso la WWE nel Paese. Ciò, come in un circolo virtuoso, ha reso la Germania il mercato più appetibile dell’Europa continentale per la WWE stessa, che infatti ha iniziato con Bash in Berlin la sua più recente espansione nel Vecchio Continente.
Non sappiamo, in conclusione, quanto durerà il nuovo boom del wrestling e se questo porterà ad avere un PLE WWE in Italia. Ciò che sappiamo però è che se vogliamo che di PLE nel nostro Paese ce ne si possa immaginare anche un secondo, un terzo ed un quarto nei prossimi anni è importante non solo apprezzare il prodotto proposto da Stamford, ma in primis le realtà locali che oggi vivono e proliferano solo grazie alla nostra (e alla loro) passione.
Il consiglio è quindi ancora una volta uno solo: imparate ad apprezzare il wrestling a 360 gradi e sostenete le realtà italiane ogni volta che potete, andate ai loro eventi (che hanno generalmente costi decisamente più approcciabili di quelli WWE) e comprate il merchandising dei lottatori nostrani: non sia mai che un giorno, anche grazie al vostro sostegno, un nostro connazionale non possa tornare nel Belpaese come membro del roster attivo in un PLE WWE in Italia.
Italy deserves a WWE PLE. pic.twitter.com/a2eQyb6dwW
— Wrestle Court (@WrestleCourt) March 22, 2025

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