Becky Lynch e Ronda Rousey continuano il loro feud su twitter, oltrepassando i limiti delle norme PG imposte dalla WWE.
Una rivalità semplice, ma altrettanto controversa da dividere, come sempre, l’opinione pubblica. Tra il 27 e il 28 febbraio, le due ragazze, attraverso i loro pollici hanno scritto un altro capitolo della storia del prossimo main event di Wrestlemania. Un worked shoot probabilmente neanche concordato con la WWE, col fine di infuocare ulteriormente il feud. Scelta pienamente legittima da parte delle due, le quali, probabilmente, sentivano la necessità di portare la storyline “on the next level”..abbastanza da renderla degna di un main event che sarà indubbiamente storico. Discutibile, tuttavia, il contenuto di questo scambio su twitter. Di impatto, sicuramente, benzina nel serbatoio dell’eccitazione dei fan boy della Lynch. Il contenuto? Meh…nulla di particolarmente costruttivo nel trovare analogie tra genitali maschili, teste di fidanzati e finisher. Ma tant’è, lo scopo è stato raggiunto, un po’ di buzz è stato riportato dopo un periodo di stallo. Il famoso “name drop” di Ronda Rousey, con annessa rottura della quarta parete, alimenta la sospensione dell’incredulità del fan medio.
Ma come procede la storyline?
Rispondo direttamente, non bene, almeno secondo me. La genesi a novembre sembrava promettere buone cose. Le due parti, a cui dobbiamo aggiungere Charlotte Flair, avevano maturato una storia in cui tutte quante rispettavano la loro logica mentale. E poi arriva Vince, la cui impronta inizia a vedersi ben prima del suo intervento on screen, che è stata solo la proverbiale goccia. Andare sul sicuro non sempre paga, specialmente se sicuro non lo è affatto. Non vedo nulla di sicuro nel trasformare una brava ragazza irlandese nella fotocopia del wrestler americano più carismatico di sempre. Certo, per chi guarda il prodotto con occhio più distaccato non è affatto un problema, anzi, difatti Becky Lynch è over come non mai. Ma la power walk enfatizzata, le parolacce destate a suscitare una reazione a tutti i costi, gli sguardi da dura e per chiudere in bellezza, le manette invisibili, sembrano più un tentativo di parodiare, involontariamente, il buon Steve Austin. La piega della ribelle contro il sistema non era quella di cui necessitava questa rivalità, anzi a dirla tutta, sembra un grande attestato di mancanza di fiducia nelle abilità delle ragazze coinvolte, incapaci (?) di costruire un loro percorso che non sia sulle orme di una strada già calcata da altri.